GRAZIE A DIO SON BRINDISINO - Ulteriori considerazioni sulla brindisinità

 

Abbiamo pubblicato delle considerazioni – che ora vengono riproposte integralmente qui – sul Sito “ForzaBrindisi”. Lo si è fatto volutamente: quel sito/blog , nel suo piccolo, rappresenta e significa molto.

“Forza Brindisi” ha la pretesa, diciamo così, di ritenersi uno spazio web identitario. Leggendo le riflessioni si troverà un tentativo di esplicitazione di certi termini e, di conseguenza, di certi scritti e di certi post.

Naturalmente si può tranquillamente non condividere. Ed è altrettanto ovvio che vi è la massima libertà di “avversare” tali affermazioni. Ma, per favore: lasciate a noi la libertà di esprimerle. Grazie.


Per cominciare una precisazione: chi scrive queste note non è l’autore di quello stendardo in foto. Che peraltro esiste da molti anni (oltre un decennio) ed è stato presente allo stadio tra la fine degli Anni Novanta ed i primi Anni Duemila, in coincidenza con quella stupenda uscita dal letargo dell’Eccellenza e ci portò in Serie C con squadre molto forti per la categoria. Calciatori dal calibro di Giorgio Corona, Gigi Orlandina, Mino Francioso, Calabro, Menolascina, Trinchera, Taurino…

Scomodare l’Onnipotente per una bandiera da sventolare allo stadio? Forse è esagerato? Forse è addirittura “blasfemo”?

Ma per carità…. Le blasfemie sono davvero altra cosa. Inoltre quello stendardo va oltre il calcio, anzi: oltre lo sport.



E quella foto, con la Colonna Romana di sfondo, è sintomatica: è un segno – forte, bello, indiscutibile- di appartenenza, identità, amore alla propria città.

Viene in mente una felpa, che vedevo da ragazzo durante i miei anni padovani: con la scritta “la mamma mi ha fatto bello, sano e padovano”. Oddio, forse questa è un poco esagerata. Passi per la bellezza – che comunque non è un merito (così come la bruttezza non è una colpa) – passi per la fierezza di esser patavino ma nascere sani o malati è una cosa seria, drammatica a volte.

E comunque quella felpa, sebbene con una goliardi accentuata (eufemismo), era un segno di appartenenza, fierezza, identità.

Ma torniamo al nostro stendardo. Amare la propria città non è una colpa, anzi! Magari tutti i ragazzi – e gli uomini adulti- lo facessero. Essere fieri della propria appartenenza, amare la Patria è una cosa bellissima!

Qui, a scanso di equivoci, non c’entra proprio nulla il cosiddetto “sovranismo” (oltretutto spesso strumentale e falso). Che come (quasi) tutti gli ismi è sinonimo di tragedia.

No, amare la propria città e la sua storia millenaria è cosa bella. Oltretutto la nostra Nazione è ricca di città millenarie ma non certo tutti e ottomila i comuni lo sono! Sicché non è fuori luogo “ringraziare Dio” di esser nato in Italia e in una città ricchissima di Storia. Naturalmente, lo ripetiamo: non è un merito. Ma proprio questo è il senso di quello stendardo: gratitudine verso l’Altissimo per questo dono, assolutamente gratuito, senza nessun merito.

Ed infine: l’Italia è proverbialmente nota per il campanilismo. Che affonda le radici nella Storia della nostra Patria. E secondo voi noi dovremmo bandire le sane rivalità fra città? Eppoi, secondo voi, sarebbe possibile tale impresa?

Attenzione: qui si parla di campanilismo e rivalità SANE. Niente a che fare col razzismo, con la ingiusta discriminazione territoriale. Ed anzi: sarebbe da bandire, o comunque da biasimare, chi diffonde razzismo, odio e discriminazione.

Fatta questa precisazione – non richiesta ma dovuta dagli eventi- e contando sulla intelligenza ed il buonsenso di chi legge (e di tutti) diciamo “Grazie a Dio son brindisino”. E, nessuno si scandalizzi, aggiungiamo pure “e non chiamarmi salentino”.



Si, perché colui che è di Brindisi, l’antica Bruvndisivm, non ha nulla da spartire col cosiddetto “salento”, una entità forse geografica , ma assolutamente inesistente sul piano Amministrativo, politico, legale, giurisdizionale. Si, esiste una area geografica, con tratti più o meno comuni, con delle tradizioni eccetera. La si chiami come si vuole ma la Città di Brindisi (come Taranto, l’antica Taras)  è altro. Attenzione: non meglio o peggio ma altro. E noi siamo felici di essere brindisini.

Per favore: non chiamateci salentini. Noi non lo siamo. Noi siamo Brindisini, grazie a Dio. 



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